Una torta? No, tante storie dolci.

L’anno scorso mi ero lamentata perché mia mamma dopo ben 26 anni non mi aveva fatto la torta.

Quest’anno ho avuto talmente tante torte (o dolci di altre forme) che forse le dovrei raccontare, perché ogni dolce descrive le persone.
Gli impasti e le anime, le creme che danno il carattere, i ripieni e le forme.
Non ho scelto un preferito o ad ognuno avrei dovuto dire “preferisco il tuo” perché ogni dolce mi ha raccontato una storia e non c’è storia che posso preferire. Io vorrei che mi venissero raccontate storie continuamente, storie belle.

Luisiana: frolla con ripieno di crema e confettura di albicocche, sbriciolata.

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Io e Luis raggiungiamo l’apice del giallo interiore quando, in qualsiasi stagione, ci facciamo la crema pasticcera. Con le ciliegie, con le fragole, mangiata così semplicemente a cucchiaiate.
Lei la mangia caldissima, mentre io devo aspettare o gli spasmi di colite mi ucciderebbero.
La crema pasticcerà, per noi, è sempre stato uno dei punti cardine d’incontro, quando ancora non ci conoscevamo e abbiamo scoperto che preferirla al cioccolato ci aveva fatto sempre sentire un po’ aliene in mezzo agli altri.
La sua torta è come uno scrigno, perché finché non ti fai spazio nella frolla non sai cosa c’è dentro.
La sua torta è uno scrigno come lei, finché non riesci a passare le barriere, non sai cosa c’è dentro.
Non ha messo il burro nella frolla, quindi è rimasta un po’ dura. Proprio come il suo guscio a volte.
E’ quando arrivi al ripieno che i due sapori distinti ti esplodono nel palato. E’ come quando abbracci il suo bianco e il suo nero, una volta oltrepassato il guscio un po’ ostico.

Agnese: frolla al cacao con pere, crema al passito e scaglie di cioccolato.

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[la foto è di gentile concessione di Agnese eh. ecco.]

Agnese? Una gonna verde all’angolo di Cavour.
Appariscente. Capelli lunghissimi biondi e alta, non passa inosservata.
C’è ricercatezza negli ingredienti, tendendo un po’ al sofisticato, ma. Ma sofisticati non sono, a ben pensarci.
La frolla risalta per la sua nota leggermente amara [cacao amaro e zucchero di canna, okay? bene.] e anche Agnese è un po’ amara, quando ha la luna storta e non si nasconde dietro una cucchiaiata di miele. Quando assaggi la crema la nota che ti arriva subito, ovviamente, è il passito.
Leggermente alcolica, da un po’ alla testa. Come Agnese, quando è euforica e ti trascina a vedere l’alba buttandoti giù dal letto nel cuore della notte.
A mediare c’è la pera, morbida, e le scaglie di cioccolato croccanti.
Perché Agnese è così, morbida e spigolosa a tratti, sorridente e imbronciata. E’ un po’ un’altalena di sapori fra il dolce e l’amaro, come una canzone dei Radiohead.

Iaia: torta di mele.

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[la foto è di iaia eh. ecco.]

Di una torta di mele sembrerebbe banale parlarne, ma così non è.
Per me la torta di mele (oltre ad essere una delle mie preferite in assoluto) racchiude uno dei segreti più importanti di una vita intera: la semplicità.
Iaia, la più complessa e la più sfarzosa all’apparenza, è una torta di mele. E’ semplice e magari sembra la più difficile di questo mondo perché, diciamocelo, io non sono ancora riuscita a farla la torta di mele perfetta.
Soffia una candelina a 200 km di distanza, quando sappiamo bene che le distanze terrene non esistono, non sono invalicabili. Le uniche distanze invalicabili sono quelle del cuore e noi non sappiamo nemmeno che cosa siano.
Mille problemi, mille ostacoli, milioni di motivi per piangere ma lei è lì a fare una torta di mele per me che sa che non mangerò perché sono lontana. Ma io il sapore lo sento precisamente, sa di casa e di amore. Sa di caldo quando fuori fa freddo. Sa di amicizia e di un posto dove rifugiarci ogni notte, sa di leggerezza perché noi ci siamo promesse di essere sempre questo: leggerezza. La risata nel momento brutto, il palloncino che vola in alto nonostante la zavorra di piombo sotto.

Elisa: ciambella al the matcha con albicocche secche e semi di papavero.

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Elisa è il mio oro verde, proprio come “oro verde” è il the matcha, che non è un the come gli altri ma un the camaleontico che infili in una tazza o nei dolci o. Un the che sta bene dappertutto.
La ciambella è morbidissima e si sente chiaramente il sapore del the.
Di Elisa si intuisce chiaramente il “sapore”, non ha bisogno di parlare e parlare per farti capire che c’è.
Si intuisce altrettanto chiaramente la presenza di qualcosa, qualche sorpresa, quale può essere l’albicocca secca. Perché Elisa non smette mai di essere nuova, rimanendo la stessa.
E’ lo stesso ingrediente rielaborato in mille modi sempre diversi che hanno solo una cosa in comune: la certezza.
Tu sai che il retrogusto è quello, non puoi sbagliare.
Con Elisa sai di non sbagliare, come con il the matcha.

Chiara: biscotti di pan di zenzero con glassa al limone

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Io, di vedere Chiara, non me l’aspettavo come non mi aspettavo che i suoi biscotti fossero pan di zenzero.
Chiara è speziata come i suoi biscotti, piena di carattere come lo zenzero. Ti fa ridere così tanto che rischi di soffocare se hai dell’acqua in bocca.
La nota acidula del limone contrasta benissimo con la frolla dolce e a tratti pungente.
Non la conosco abbastanza ma oserei dire che anche a consistenza, Chiara, ricordi i pan di zenzero: inizialmente, quando mordi, sembrano duri [c’è stato un periodo in cui ero fermamente convinta di esserle antipatica, nell’epoca pre-tenda] ma ti basta poco per accorgerti che hanno quella burrosità e morbidezza che in realtà non ti aspetti [in burro we trust, sì.].

Marianna: torta di ricotta e torta con velo di crema

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Hanno confessato che l’idea della festa a sorpresa (di cui non ho ancora parlato) è stata di Mary, perché Mary è “lo spirito organizzativo” e quando le parte la vena non la fermi neanche con le cannonate.
Inizialmente doveva essere una torta alla ricotta, che però pare essere venuta troppo bassa per le candeline. La torta alla ricotta è stata quindi prontamente tagliata e glassata, mentre un’altra già era in forno. Proprio perché Mary non si ferma neanche se la prendi a cannonate.
Mi ha spalmato aloe sulle ustioni con la pazienza di una torta che lievita, l’estate scorsa in Sardegna.
Ci ha messo un velo di crema quasi a volerne nascondere la morbidezza, un po’ come i baffi del suo avatar, ma basta assaggiarla per capire che la crema va molto più giù e la torta è davvero morbida come sembra.

Non tutte mi hanno fatto una torta (per fortuna O_O o sarei 120 kg) ma non per questo mi dimenticherò di menzionarle.
Marty, la mia compagna di fototenerezza e di rotonde con gli occhi chiusi, nonché la mia socia di studio sulla statistica di quanti ghiaccioli al limone ci sono nelle confezioni di tutte le marche di ghiaccioli, mi ha regalato delle lenticchie.
E io per questo avrei voluto abbracciarla cinquanta ore perché cavolo regalare delle lenticchie a me è. E’ che ti fa capire quanto le persone ti conoscano e ti ascoltino, quanto sappiano di te.
Forse, ne sanno di più di quanto ne sappia tu stessa.

Rossella, la sopporto da. Mh. Ho dovuto fermarmi e contare con le dita. Credo che su per giù siano 12 anni.
Sopporto le sue to do list e i suoi ritardi perenni, soprattutto quelli che da tradizione vogliono che si vadano a comprare i regali all’ultimo momento (in primis quelli di Natale il 24 dicembre alle 18). Lei è indubbiamente un’altra delle mie poche certezze.
Se mi avesse fatto un dolce forse mi avrebbe fatto la torta al mars, perché lei che non sa cucinare la ricordo come la donna che si nutriva di mars quando andavamo a scuola.
Dei suoi regali, per quanto belli siano, io ricordo sempre particolarmente i biglietti.
Lei, che riempiva le pagine di ogni diario perché era quella brava a disegnare, ha capito perfettamente quanto per me conti più il biglietto che il regalo.
Perché a me dei regali non importa un granché, ma dei biglietti. I biglietti li leggo e li rileggo e ci sorrido e ci piango e sono storie.
Storie passate e non ancora arrivate.
Ecco, lei per me è sempre il biglietto, che leggo e rileggo senza mai stancarmi.

Ilaria è stata l’unica a farmi la torta l’anno scorso, al cioccolato con le stelle di zucchero a velo.
Ormai tornare al nord è anche andare da Ilaria perché senza la tappa da lei non è più casa.
Dopo due anni di amicizia virtuale abbiamo scoperto di abitare a 10 km di distanza, poi le chiamano coincidenze.
Mi ha regalato una scatola di latta e mi ha fatto sorridere ripensare a quella tizia che aveva detto che era impossibile farmi un regalo perché non mi piaceva niente. Quella che credeva di conoscermi da 10 anni e non sapeva che mi bastava un pezzo di carta con un cuoricino per sentirmi importante.
Ilaria per me è una scatola piena di tisane, come la sua dentro quella splendida credenza di legno, perché ha mille colori e basta che sorrida per vederli tutti e mille.

Angela.
Credo di aver imparato a camminare con lei, ci conosciamo da 25 anni. Mio zio dice che a due anni ci tenevamo già per mano scendendo insieme da uno scivolo e non faccio fatica a crederci.
Se mi avesse fatto una torta (me ne ha fatte solo 390230293920 in tutti questi anni) mi avrebbe fatto sicuramente la torta tenerina ferrarese perché io non ne ho mai mangiata una più buona della sua.
Lei infatti è la “radice”, le mie origini, il posto amato odiato da dove vengo.
Il posto dove torno sempre, da dove non si va mai via davvero.
E c’è quel pezzo di noi che corre ancora in quella campagna che adesso non è più com’era.
E che sta sotto la neve a bocca aperta chiamando Edward.
Perché è vero che la felicità, che i momenti felici, sono fiocchi di neve e durano il tempo di stringerli nel palmo di una mano.
Ma quando nevica è davvero uno spettacolo.
E lo zucchero a velo su quel mattoncino cioccolatoso nero (che è la tenerina) non è altro che neve.

Poi va bè, la mamma.
La mamma che vuole strafare e butta l’inenarrabile in una torta che risulta troppo dolce e stomachevole, ma che voleva solo rifarsi dall’anno scorso.
Per me la mamma rimane la torta di riso. Un insieme compatto di tanti chicchi, tutti diversi.
Dolce, ma non troppo.
Compatta, ma non troppo.
Una torta che sa il fatto suo e che è semplice sia nella preparazione sia nel sapore.
Proprio come la mamma, senza pretese.

[sono tutte donne: mica è colpa mia se gli uomini non mi fanno torte, tzk.]

27 pensieri su “Una torta? No, tante storie dolci.

  1. Con amore, sarei ingrassata pure io a ricevere tutte queste torte.
    Sono stati dei bei regali, in effetti. Discutevo tempo fa di quanto tutti gradiamo qualcosa da mangiare come regalo. O almeno così la pensiamo io e una ristretta cerchia di persone, ma forse, in fondo in fondo, questa cosa vale per tutti.

    • cucinare per qualcuno è segno d’amore.
      non è qualcosa da mangiare alla fine, è un pretesto per stare seduti insieme da qualche parte a raccontarsi qualcosa 🙂
      per me è così 🙂

  2. ma scema siamo a 800 km di distanza non 200.
    nonsodifrascati, bionda.

    so quella di catania.
    ottocento.

    non duecento.

    dio come ti amo. sei talmente cretina che mi gira la testa ❤

  3. Tu sei tutta scema.
    Sei tutta scema, lo ridico.
    Che se tiriamo fuori la storia dell’aloe un’altra volta finisce che si materializza la signora Concetta e poi son cazzi.
    E sinceramente, non te lo dovevano dire le bestiacce che l’idea era mia, perché Ilaria ci ha messo la casa subito nonostante le mie proteste e Martina ci ha messo un sacco di risate perché con le foto finte da alibi e le gaffes io non ridevo così da secoli.
    E Chiara, beh lei ha detto sì, vengo. Mentre pensavo che con quel panzerotto mi avrebbe risposto Te sei scema, io sto a casa.
    Le torte.
    La torta del panico, quella alla ricotta – ma porca miseria, io lo sapevo che non poteva uscire al primo colpo, ora non c’ho un cazzo in casa, cosa le faccio?- e la torta del recupero, quella che -l’altra volta mi è uscita così così, ma con gli ingredienti che ho posso fare solo quella.
    Solo che per me ogni festa ha bisogno di una torta, quindi era da fare per bene.
    E’ stata una gran festa.
    Perché eravamo insieme.
    E alla fine la torta non era poi così importante.

    • no dai che ho paura della signora Concetta ti prego, lasciamola là con il suo machete fra le piante di aloe.
      detto questo.
      siete state, anzi siete, tutte. boh non mi vengono termini per.
      siete storie, per me è la cosa più bella che potrei dire ❤

  4. Io non amo le invasioni di casa ma sono stata così felice di avervi tutte lì, che non avrei mai voluto che finisse la giornata. AmoTi ♥

  5. perbacco, quante torte! Pare la vendita di beneficenza fuori dalla chiese…comunque, per forza tua mamma dopo ben 26 non ti aveva fatto la torta lo scorso anno. Tu ancora non li avevi 26, ne avevi molti di meno

  6. Ciao ti avevo scritto un commento ma si é purtroppo cancellato!! Ho letto il tuo scritto delle torte e mi confesso che mi sono commosso, complimenti scrivi davvero bene e anche se in ritardo sinceri auguri. Scusa l’intromissione,
    Domenico.

  7. Pingback: Torta di mele e pane – La Cucina Psicola(va)bile di Iaia & Maghetta Streghetta

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