Stai andando BENISSIMO

Piove su Torino, mentre un pelato e una bionda sfrecciano su una Smart per aggiudicarsi 5kg di melanzane al mercato di Porta Palazzo.
Vige sulla Signora l’incognita dell’impellente frittura dei suddetti 5kg.

Dimentico per un attimo l’agitazione quando, reggendo un ombrello, la signora dell’ufficio stampa mi sorride e mi chiede io cosa ci faccio lì.
“non lo so” rispondo soprappensiero. Poi seraficamente mi giro e le dico “perchè mi ha voluto quì”.

Per me Iaia Guardo non è un personaggio, una blogger, un’autrice.
Per me Iaia Guardo è un’inventrice di mondi. Un’amica speciale che sta inseguendo un sogno con tutte le difficoltà e le cose belle che ne conseguono.
Un’amica con cui tirarci i capelli ogni tanto e abbracciarci chiedendoci scusa.

Intorno a un tavolo. Due famiglie, persone importanti e io nel mezzo. Non mi chiedo cosa ci faccio lì perchè me lo dice lei quando alza gli occhi e, stringendo la mano del suo papà, mi sorride.

C’è sempre un contorno di favole quando si parla di Maghetta Streghetta, bianche o nere che siano.

È giovedì quando apro gli occhi, quel giovedì che sappiamo da mesi e che ora è davvero quel giovedì. Tampono Chanel rosso sulle labbra mentre lei e Turi discutono su come annodare la cravatta.
Ho paura. Andrà tutto bene.
Si susseguono telefonate mentre la commessa di calzedonia cerca terrorizzata un imprecisato numero di 40 denari nere.

Caffè ingurgitati senza sosta nella hall dell’albergo, mentre consegno a Max un imprecisato numero di magliette segrete e lui le infila in uno zainetto sostenendo che mi stiano bene i capelli lunghi per tergiversare.

È così assurdo infilarci su un pulmino taxi in sette che quasi dimentichiamo che stiamo andando a presentare un libro senza libro.
Perchè è l’incoerenza la nostra forza.
Mi tremano le gambe, indecise sui tacchi, mentre la stringo ancora e le dico di non aver paura, che stiamo andando benissimo. Guardiamo il cartellino “espositore” chiedendoci dove sono le telecamere e a che punto della giornata ci diranno che era tutto uno scherzo.

Invece poi, dopo un’ora di fila per ritirare i pass, siamo lì.
Troppa emozione per conoscerci oltre al riconoscerci (e addirittura io pani non l’ho nemmeno riconosciuto).
Ci sono Selena, Paola e Flo. C’è Kuroko. C’è Francy. Saluto timidamente, mentre distribuisco kit di sopravvivenza e cerco di fare tutto al meglio.

Lei è meravigliosa nel suo angoletto, la guardo stringersi nelle spalle e tirare su con il naso mentre Daniela Monero parla come un fiume in piena.
Lei tende le mani quando è nervosa e non sa dove guardare. Non è un animale da palcoscenico, solo un animale spaventato ed emozionato.

Non è una pessima figura, in realtà, a trasparire, ma un’innata umanità. La fragilità di una farfalla quando vola controvento. E per quanto sembriamo tutti bravissimi e sciolti, siamo tutti delle farfalle contro vento.

Non le tolgo gli occhi di dosso, trattengo le lacrime, tendo i muscoli mentre il cuore mi sta per esplodere di orgoglio. Era questo che intendevo, quando volevo essere un pezzo della tua montagna.

Va tutto bene, è finita. Stai andando benissimo.

Mi guardo intorno. C’è una mamma commossa e un papà gonfio d’orgoglio.
Amici emozionati che aspettano quel giorno da più di dieci anni, senza mai aver perso la voglia di essere lì, con la loro maglietta e il sorriso spianato.
È un abbraccio digitale che diventa fisico. Una piccola comunità nata dietro un monitor che ha volato per millemila miglia e un abbraccio.

C’è una lattina speciale di pastiglie Leone con un sogno stampato, con i gusti assortiti. Perché questo siamo in quel momento e in ogni momento: una scatoletta di gusti ben assortiti.
Ci sono i curiosi, un disegno tremolante, tante paste di mandorla, foto sbagliate.

La tensione si scioglie come un gelato al sole, mentre osservo inquietata questo bicerin enorme che tanto si diversifica da quello di Gobino e si scattano foto giovani e dal giusto angolo.
Corrono le lancette sugli orologi, c’è chi viene e c’è chi va.

Fino a che eccolo là. C’è il castello errante di Howl in Piazza Castello. Non sappiamo se vola o no, ma sappiamo che è di un altro mondo. Il nostro. Un mondo fatto di incubi e sogni, di favole e storie.

Non c’è niente di semplice in ogni storia che si rispetti.
E se camminare con due mazzi di fiori per le vie di Torino è stato relativamente semplice, lo è stato meno infilarsi in una corsa verso il pronto soccorso.
“succede” dico accennando un sorriso, mentre aerei atterrano a sorpresa.
È il colpo di scena (o meglio il colpo di testa, in questo caso) nella nostra storia.
Taxi che sfrecciano, abbracci inaspettati e insospettati. Picchi di emozione non calcolati a sconvolgere il naturale corso del cuore.

Dieci anni d’attesa per un abbraccio condito di gommapiuma e colli immobilizzati. Si susseguono arrivi, altri abbracci, risate, lacrime, qualche caffé.

La Pinacoteca Agnelli ha una libreria un po’ speciale. Ci sono libri selezionati e ricercati, non libri qualsiasi. È là che viene mostrato quello che loro chiamano “l’impaginato”.
Tratti neri, riempimenti bianchi e grigi. Dettagli rossi.
Cerotti ad asterisco e focaccia genovese.

La metro di Torino. Puoi guardare fuori dal vetro frontale come se fossi su una giostra e puoi sorridere. Puoi sentirti bambino.

Poi la testa è annebbiata dai troppi assaggi di liquori. Intorno al tavolo lungo, mentre si parla di mille cose, kuroko mi racconta degli ombromini.
Ed è come fare un viaggio. Senza tempo e senza spazio. Fino a ritrovarsi in macchina a giocare con una ciocca di riccioli scuri, mentre Bianca dorme sulla mia spalla.

Poi l’ultima tappa di questo assurdo viaggio. L’Hafa Cafè e il cous cous alla Norma di Maghetta Streghetta (dopo aver risolto l’arcano della frittura delle suddette melanzane, sul quale mi riservo di scrivere un libro).
Respiri sincronizzati in risvegli sfumati dalla luce di un insolito sole.
Baldo insegue una pallina. Zelda zompetta. Ci sono Chiara, Lea, Selena, Estella e Antonia, Francy, Kuroko, Eli, Ila, Marty, Bianca, Mary, Ale e Cri, Cey, Paola, Vale.
C’è anche chi non c’è.

Sono così emozionata che non ho idea di cosa dire. Abbraccio e mi guardo intorno stordita.
E poi lei, circondata di amore senza via d’uscita.

Iaia Guardo che regge un piatto enorme di cous cous, in cima alla scaletta. Mi guarda, ride e per la prima volta capisco il labiale “ora vedi che cado dalle scale”. “stai andando benissimo”. Ride ancora e sbarra gli occhi, non avesse le mani impegnate suppongo che le avrebbe tese mostrando i palmi in segno di disappunto.

È il continuo di una storia, con dei tratti da incubo e degli attimi da mille e una notte.
La protagonista non è una principessa Disney, ma una che disegna fotografa cucina e scrive, facendo bene tutte e quattro le cose.

Sono tornata a casa e mi sono seduta. Ho respirato a pieno ripetendo dentro di me “i giorni più belli e assurdi della mia vita”.
Un viaggio. Una storia. Tempo veloce e tempo lento.
Poi liti, chiarimenti, motivi, spiegazioni, errori, scuse. Abbracci.

Momenti in cui sentirsi speciali. Momenti in cui sentirsi in una stanza buia.
Che poi si riaccendono le luci e ci si sente speciali ancora.
Sentirsi fuori posto, sentirsi nel posto giusto.

Essere felici come se stesse succedendo a me. Essere felici perché tu sei un pezzo di me, uno di quei pezzi di cuore che ti fanno ricordare che sei vivo e ogni tanto sei un po’ speciale anche se sbagli. Essere felici perché posso ricordarmelo, posso raccontarlo, posso riviverlo dentro il cuore, dentro gli occhi, dentro la testa.

Si cresce e si impara sempre qualcosa, anche nelle favole come nella vita.

E tu, Iaia Guardo, sei andata e andrai sempre. Benissimo.

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(metto solo quest’immagine, sfocata, con una pazza che non si sa dove guarda e vorrebbe essere ovunque tranne a fare questa foto a cui è stata evidentemente COSTRETTA perché voglio ricordarci solo così. sfocate, solari, colorate e soprattutto consapevoli e preparate. due persone che sanno quello che stanno facendo.)

39 pensieri su “Stai andando BENISSIMO

  1. C’è anche chi non c’è. Vero. C’ero pure io.
    Indossavo pure la maglietta a casa anche se non ce l’avevo. E la abbracciavo ogni volta che la abbracciavate voi.
    E’ una farfalla dalle al delicatissime…già. Ma ha una forza pazzesca che non ho mai visto in nessuno. i suoi sogni realizzati sono ancora all’inizio di una lunga serie mi sa.
    E tu li ci stavi a pennello. Chi meglio di te?
    E di Max…
    E di… tutti voi picchiatelli?

    ( so che ti ha licenziata e io se permetti mando curriculum 😛 )

    • manda pure il cv, chissà che mi liberi da questa pazza :))))
      e grazie. e sì, lei è forte fortissima. solo che ha bisogno di qualcuno che porti sette o otto quintali di kleenex quando si muove 🙂 tutto qua

  2. non so mica quando ricomincerò a mangiare senza strozzarmi ché ormai sono diventata un nodo umano. e, non credo finirò mai di stupirmi, queste parole non sono altro che ramificazioni, e quanto pungono e legano stretti insieme.

    lo dico senza tristezza o malinconia, che non ci credevo di potermi sentire tanto, insieme ad altre persone, non più sola.

  3. Pingback: Iaia Guardo e Maghetta Streghetta insieme ai loro Amici al Salone del Libro – Giovedì 16 Maggio – La Cucina Psicola(va)bile di Iaia & Maghetta Streghetta

  4. e comunque non dirò nulla di .

    perché:
    non ho pianto
    non mi sono commossa
    non ho pianto
    non mi sono commossa

    ho solo nuotato.
    senza gommone ( ma avevo la gomma da cancellare che per altro non galleggia nemmeno)

    ed è inutile che continui.

    non ti riassumo.

      • mi spieghi come ho fatto a non cadere dalle scale con il cous cous? e mi spieghi perché anche in quella occasione non mi hai ripreso dall’alto?
        non avevi un jet disponibile che sorvolava il tetto dell’hafa cafè?

        solo Baldo hai preso dall’alto?
        perchè?

        • ma infatti dovrei andare dal mio capo e urlargli in faccia che non mi fornisce l’attrezzatura giusta.
          sai che non mi ha nemmeno fatto la manicure quella stronza?
          e sai che non lo so come hai fatto a non cadere? certo quella faccia no, non si può dimenticare mai (quella con l’occhio sbarrato perché non poteva sbarrare le mani dico)

  5. ma quale jet! doveva arrampicarsi sui muri scavando con le proprie unghie non rifatte.
    troppo comodi sono sti giovani, non vogliono mai fare un cacchio

  6. Mentre passavano le ore mi veniva da pensare “non sta succedendo davvero. non sto vivendo tutto questo. è impossibile!” perché era tutto troppo intenso e allo stesso tempo naturale, straordinario e quotidiano.
    Penso che solo fra qualche anno realizzerò davvero cosa è successo…per ora so solo che non vedo l’ora di rivedervi e riabbracciarvi tutte, di guardarvi tutte negli occhi e vedervi sorridere (o piangere, o sbuffare o fare smorfie, quello che volete) ❤

  7. Benissimo? Solo benissimo? Io dico che meglio di così non potreste andare. È stato bello potervi abbracciare, è stato bello vedervi sorridere. Siete così pazzesche che dovrebbero dichiararvi illegali :*

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